Meno ma meglio

D alla tonica essenzialità della prima virile francesina battezzata con il nome del fondatore Alessandro alla rivoluzione lanciata da Olga. È il mondo Berluti su misura, a Parigi dal 1895

Gli anni a cavallo tra XIX e XX secolo furono percorsi da una corrente avanguardista così calda da fondere anche le emozioni, che addensatesi in concrezioni cristalline vediamo oggi come gemme di modernità e arte di vivere purissime. Dopo un secolo di elaborazione politica e speculativa, la borghesia stava finalmente scoprendo le sue carte vincenti. E non erano libertà e progresso, bensì divertimento e sesso. Stupefacenti, azzardo, promiscuità, assenzio, tabacco: in quell’età aurea la trasgressione godeva di un occhio di favore ovunque, tranne che nell’abbigliamento.

Tale eccezione dipende da quell’illusione ottica, nota ai furbi quanto incomprensibile alle masse, per cui ciò che è formale sembra sempre morale. Fu per questo, per poter dedicare più tempo a peccare e meno a giustificarsi, che la mondanità trovò opportuno adottare lo standard estetico aristocratico, credibile come una moneta d’oro. Più si cibava di carne e più il gentiluomo ci teneva ad apparire distaccato dalla volgare materialità sfoggiando canne sottili, guanti e scarpe attillate, pantaloni azzimati. I figurini dell’epoca presentano infatti un uomo etereo, ma restano i manifesti di locali e spettacoli a rivelarci cosa realmente volesse. Nel 1895 Alessandro Berluti, giovane calzolaio di Senigallia (Ancona), mise a punto una francesina ricavata da un pezzo di pelle unico. Del tutto privo di orlature, decorazioni e cuciture visibili, proprio mentre imperversavano stivaletti con decine di bottoni o passanti, il suo progetto presentava solo tre coppie di buchi per i lacci. Il virtuosismo tecnico non mancava, anzi era portato all’estremo, ma veniva nascosto perché lo sguardo si soffermasse su nitidezza delle forme e qualità del pellame. Fu così che il modello del trentenne marchigiano fece in un sol balzo tutta la strada che va dalla finezza alla leggerezza, passa per la semplicità e culmina nell’essenzialità. Oltre alla novità costruttiva ce n’era una di tipo psicologico. La scarpa appariva raffinata come da protocollo senza dover più rinunciare al volume interno, il che donava respiro a piedi troppo spesso costretti in scarpini emostatici e inoltre lasciava a chi la indossasse un’immagine tonica e virile. Era la quadratura del cerchio.

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