Piuttosto che una nuova moto, per il diciottesimo compleanno chiesi ai miei un paio di camicie su misura. Le affidai alle mani di Raffaelina, artigiana di grande pazienza e capacità che però non vendeva tessuti. «Comprali dalla sartoria Cilento e F.llo», mi disse, «nessuno ne ha di migliori». Ottenuti i fondi necessari, con l’ansia e l’incoscienza della gioventù salii i tre gradini che portavano all’ingresso del secolare negozio. Come tutti i principianti, volevo quel che sapevo senza sapere quello che volevo. Chiesto qualche consiglio, acquistai un Oxford celeste soffice come un cuscino e un popeline bianco croccante come un wafer. «Tua madre non sarà molto contenta di doverlo stirare», mi disse l’impiegato, «ma trattato bene durerà molti anni».
Nell’era dell’usa e getta argomenti come manutenzione, qualità e durata appaiono desueti, ma a quell’epoca, in cui si spendeva un bel gruzzoletto una volta tanto e non poco e spesso, ci si faceva assai caso. Da un anno Cilento si è trasferito dalla storica sede in via Medina alla Riviera di Chiaia, ma della formula originaria nulla è cambiato. Le accresciute dimensioni hanno permesso di esporre ancora più articoli, sino ad arrivare a una varietà che farebbe vergognare una ferramenta. Oggetti rari e preziosi, che altrove sarebbero esibiti con la massima pompa, sono qui in tal numero che quasi si nascondono, facendo dell’abbondanza una raffinata forma di pudicizia, se non di modestia. Nonostante la quantità, ogni cosa ha un senso, una storia, un motivo per cui qualcuno, vedendola, possa riconoscerla come fosse un vecchio amico e dire tra sé: era proprio quello che cercavo. Tutto è ancora improntato alla qualità e alla durata, e di conseguenza destinato a chi abbia cura di se stesso e del guardaroba.
- Un legame ancestrale quello che unisce la dinastia Cilento al mondo dei tessuti, e in boutique l’offerta supera il ragionevole e anche l’immaginabile. La parte centrale del negozio ospita una monumentale esposizione di tagli e pezze, la cui abbondanza non va a discapito della qualità. Ciascun articolo è frutto di ricerca e selezione, tanto che per il conoscitore non è difficile scovare rarità introvabili altrove.
- Cravatte e pochette, il cuore della maison Cilento. Regimental nei tradizionali reps inglesi e alcune delle creazioni speciali.
- Una sette pieghe sfoderata in seta jacquard esclusiva per peso e disegno. La superba altezza del travetto rende giustizia alla lavorazione e al tessuto.
- Uno scorcio del labirintico negozio, l’angolo dedicato alle cinture.
- La vetrina con la cappelleria.
- La sterminata offerta di calzature maschili, che comprende una selezione fatta realizzare su modelli classici, ma esclusivi.
L’avventura cominciò nel 1780, l’anno in cui Martino Cilento e il fratello minore Federico fondarono in Napoli una compagnia per la commercializzazione di tessuti. Da allora si sono avvicendate otto generazioni, ma la vocazione di famiglia resta la stessa da 236 anni e così il nome della ditta: Martino Cilento & Fratello. Da quando il quarto Martino, suo padre, gli ha ceduto la leadership, è Ugo Cilento a dirigere l’azienda. Per apprendere il mestiere ha cominciato, sono parole sue, facendo il commesso dei suoi commessi. Ora, avendone esplorato ogni angolo, del mondo classico sa anche quello che non sa di sapere. Vede ogni capo o accessorio così come dovrebbe essere, e se non lo trova lo fa realizzare su propria specifica. Non senza orgoglio, mi rivela che il 93% di quanto vende è fatto in questo modo. «Il commercio plurimarca così com’era sino agli anni 80 è da tempo in rottamazione», afferma.
«Chi vuole un prodotto firmato lo acquista dove costa meno. Negli outlet, in rete e magari dagli stessi produttori, che con la vendita on line fanno concorrenza ai loro stessi clienti che esercitano il commercio. In negozio faccio entrare solo cose fatte a regola d’arte, non ho esitazioni a lasciar fuori nomi prestigiosi che abbiano ceduto alle lusinghe dell’approssimazione. Alcune case storiche non sono più affidabili e altre sono scomparse, ma chi conosce la natura intima di un oggetto può realizzarlo nello stesso modo, se non meglio. È questo che faccio, e nonostante le difficoltà ne traggo grande soddisfazione». Gli chiedo di quali difficoltà parla. «Ultimamente è diventato un problema ottenere qualità e personalizzazione anche in cose banali come etichette, grucce o shopper. Viviamo in una dittatura internazionale della semplificazione, affermatasi grazie a una regressione della conoscenza».
Nonostante la quantità, ogni cosa ha un senso, una storia, un motivo per cui qualcuno, vedendola, possa riconoscerla come fosse un vecchio amico e dire tra sé: era proprio quello che cercavo.
E tu, continuo, come fai?